giovedì 30 giugno 2016

L'analisi per una corsa corretta

L'analisi per una corsa corretta

E’ noto che esiste una sostanziale differenza
fra la corsa e la camminata, anzi a queste aggiungerei anche la marcia sebbene quest’ultima è una specialità diversa e non la prenderemo in considerazione, per cui diremo che il nostro corpo si muove sostanzialmente camminando o correndo.
Pur considerando che ognuno di noi ha il proprio stile, la propria andatura la propria velocità ecc, è importante sapere che questo movimento avviene in maniera coordinata e in modo sinergico con i muscoli e relativi segmenti che ne determineranno il movimento stesso.
Pur riconoscendo questa analisi è importante sapere e conoscere quale è il modo corretto che potremmo definire meccanico o logico per utilizzare il nostro corpo al meglio e quindi dare un ottimo risultato in termini sia di analisi sportive e prestazionali ma anche per evitare infortuni causati dal sovraccarico degli allenamenti.

Come dicevamo, le differenze tra la corsa e la camminata sono tante, le analogie sono poche e le riconosciamo dai muscoli scheletrici che intervengono, le differenze dal modo di come questi lavorano. 
Quando camminiamo portiamo il piede avanti al nostro corpo, lo appoggiamo con il bordo posteriore del tallone. Dopo aver rullato fino alla punta, contemporaneamente l’altra gamba ripete lo stesso movimento; quindi possiamo affermare in tutta certezza che un piede rimarrà sempre a terra senza avere fase di volo, senza entrare nei dettagli è evidente che tutta la muscolatura che partecipa a questo movimento compie un’attività diversa rispetto a quando corriamo.

Nella corsa invece l’impatto è di altra natura, la postura del nostro corpo cambia e soprattutto i muscoli scheletrici saranno coordinati e sincronizzati in modo diverso. E’ impensabile quindi che si possa correre come camminare o camminare come si dovesse correre. Alcuni studi del passato indicavano che appoggiare il tallone nella corsa come nella camminata fosse il modo giusto.
Oggi dopo studi si è stabilito che per analizzare il corretto stile di corsa bisogna prendere in considerazione altri aspetti come la forza, la potenza, la stabilità dei piedi, quella delle articolazioni della caviglia, ginocchio, bacino e tronco. L’analisi diventa di fondamentale importanza per evitare perdite di energia e favorirne il ripristino.Molto svantaggioso dunque in termini di efficienza appoggiare il piede con il tallone: questo danneggerebbe articolazione e tendini, allo stesso modo appoggiare di punta avremmo dei polpacci sempre contratti e al limite di continue lesioni con relative conseguenze al tendine di Achille. 

Il piede deve
atterrare sotto la verticale del corpo; la gamba deve risultare perpendicolare al terreno e quando il piede tocca terra il ginocchio deve rimanere piegato in modo da accumulare energia. Tutta la catena cinetica dell’arto inferiore si caricherà come una molla che restituirà l’energia in fase di distensione.

Se invece si atterra lontano dal corpo, il baricentro si troverà dietro al punto di appoggio e faremo una fatica notevole a spostarci con la gamba davanti dritta, inoltre con un’azione di questo tipo ogni impatto costituisce una frenata. In sintesi l’impatto a terra lontano dal corpo non è utile né in fase di appoggio né in fase di spinta.


Il piede deve essere appoggiato piatto, il che significa che sta semplicemente ricadendo per gravità sotto il corpo, senza sforzo alcuno. Se invece al momento dell’appoggio la punta del piede guarda verso l’alto, significa che l’appoggio del tallone è eccessivo con i conseguenti problemi già descritti.

Sicuramente esiste una correlazione ampiezza frequenza che ci darà la cadenza ottimale rispetto alle nostre leve. Mediamente avere un ritmo di 180 appoggi al minuto potrebbe risultare un ritmo medio per un’andatura da 5’ a 4’ al km. A queste andature la differenza dei passi risulta simile e la differenza di velocità avviene tramite la lo spostamento del corpo durante la fase di volo. Più avanti ne vedremo il perché.
Da dove provengono le forze di spostamento?

Appena appoggiamo il piede a terra con tutta la pianta dobbiamo pensare di estendere indietro tutta la gamba;
la forza per avanzare, avverrà estendendo l’anca indietro attraverso la forte spinta del gluteo; l’idea è di spingere indietro tutta la gamba dalle anche, utilizzando come dicevamo il grande e potente gluteo. Dobbiamo immaginare l’anca, come se fosse il perno su cui fare leva e quindi quello è il motore da cui parte il movimento.
Proviamo nella stazione eretta a sollevare il tallone verso dietro: potremo sentire contrarre i muscoli posteriori della coscia con l’appoggio della mano, sentiamo scorrere i muscoli che sollevano l’anca. Durante la camminata questo non succede. 
Ora cerchiamo di capire bene questo punto: il tallone si alza verso il gluteo in modo passivo, quasi secondo un movimento riflesso dalla forza esercitata dal gluteo agevolato dall’inclinazione del busto. Bisogna pensare solo ad estendere l’anca.
Il piede salirà in alto in modo proporzionale dalla forza con cui si estende l’anca, cioè con quanta forza “si tira indietro” la gamba. Questa azione determina quanta spinta ci sarà in avanti, quanto più in alto si solleva il tallone verso i glutei, tanto sarà maggiore la fase di volo e quindi la velocità.

Quindi ritornando al discorso precedente dove si faceva cenno dei circa 3 passi al secondo potremo dire che, ad una certa andatura da 6’ a 4’, possiamo confermare il ritmo e cioè il numero dei passi non cambia molto. Questo avviene perché quando andiamo più forte, solleviamo maggiormente il tallone da terra. E se un corpo cade dall’alto acquista più velocità e compensa la caduta lenta.
Se invece si portano le ginocchia avanti sarà frenata la forza elastica e il movimento sarebbe inutile e forse l’avanzamento sarebbe più lento. Perciò non è conveniente accompagnare la gamba in avanti, conviene lasciare che il riflesso di stiramento funga da balestra e che la gamba avanzi più velocemente in modo naturale soprattutto senza fatica e consumo di energia. Vedremo come uno dei problemi principali che ostacola questo meccanismo che impedisce uno stile corretto è proprio una insufficiente estensione dell’anca.


Inclinarsi in avanti?

Concetto spesso interpretato in maniera sbagliata. Inclinarsi in avanti non significa necessariamente un’esagerata postura rivolta in avanti. La posizione del corpo deve essere comunque eretta, angolata in avanti come se stesse cadendo. In effetti,
la sensazione che si percepisce, appoggiando correttamente il piede quasi sotto il corpo, è proprio quella di una caduta in avanti: in questo modo si sfrutta la forza di gravità per avanzare. In buona sostanza tutto il corpo deve risultare inclinato in avanti proprio a partire dalla caviglia.

Riassumendo possiamo dire che dobbiamo porre la nostra attenzione ad appoggiare il piede a tutta pianta con il ginocchio piegato, poi spingere l’anca indietro grazie alla contrazione del gluteo inclinando il bustoin avanti.
Per provare qual è la sensazione corretta possiamo fare un esperimento facendo un’andatura di
corsa calciata dietro sempre più velocemente e poi fare un allungo in modo tale da constatare che l’effetto “molla” è una sincronia di movimento veloce.

Questi concetti correlati sono automatici quindi se proviamo ad appoggiare il piede, diventerà naturale appoggiare completamente tutta la pianta: i passi sembreranno più corti ma la cadenza aumenterà da sola. Il movimento diventerà ciclico.
Se non si è abituati, poiché si sono instaurati vizi e difetti dovuti ad uno stile di corsa non efficiente, non sarà facilissimo cambiare le nostre abitudini poiché da parecchio tempo i muscoli lavorano in modo errato.

E’ indispensabile che il cambiamento avvenga gradualmente; poi bisogna concentraci su un traguardo alla volta l’ideale. I periodi di pausa dovuti a svariati motivi devono essere utilizzati proprio per ripartire con la giusta metodologia.

Un test significativo può essere quello di correre scalzi su un tapis roulant per poter valutare, attraverso la ripresa cinematografica, l’appoggio reale del piede sul nastro che corrisponde al terreno.

Altra cosa a cui pensare è che, appena il piede appoggia a terra deve essere sollevato prima possibile verso dietro. Questo consentirà di aumentare la cadenza, di ridurre il tempo di appoggio. Anche se questa cosa non è particolarmente corretta, ma all’inizio lenta. E’ importante pensare a due particolari già descritti: tallone verso i glutei e sollevare il piede appena tocca terra.
Questo esercizio può essere svolto anche solo 20 secondi per ogni chilometro. Successivamente il tempo al da dedicare a questa andatura dovrà necessariamente aumentare.

E a questo punto SI CORRE!



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